Sguardi sull’infinito

 

Peace Times 10

«Viaggiando, potrai trovare città senza mura e senza lettere; senza re e senza case, senza ricchezza e senza l’uso della moneta, prive di teatri e di palestre. Ma una città senza templi e senza Dei, nessuno l’ha mai veduta né mai la vedrà». Questa affermazione di Plutarco, scrittore greco del I sec. d.C., è valida ancora oggi.

L’origine sociale della religione fu definita - fra il IV e il III secolo a.C. - dallo scrittore greco Evemero di Messina: «Gli Dei sono venuti sulla terra e, a causa dei servigi da essi resi agli uomini, sono stati considerati e onorati come immortali». La caratteristica della religione come unione fra le cose materiali e quelle intangibili è sintetizzata dalle iscrizioni sacre. Sul frontone di un tempio atzeco é infatti posta la dedica: «Al Dio sconosciuto e creatore di tutte le cose, quello delle vicinanza immediata». E su uno egizio: «Questo tempio è in ogni sua parte come il Cielo».

Nell’800, Max Muller, lo storico tedesco fondatore dello studio comparato delle religioni, affermava: «É una facoltà dello spirito che rende l’uomo capace di cogliere l’infinito sotto nomi diversi e mutevoli travestimenti. Per poco che vi prestiamo orecchio, possiamo udire in ogni religione un gemito dello spirito, il rumore dello sforzo per concepire l’inconcepibile, per esprimere l’inesprimibile: un’aspirazione verso l’infinito». Concetto poi ripreso da Maurice Merleau-Ponty, filosofo francese contemporaneo, che diceva: «La religione fa parte della cultura, non come dogma e neppure come credenza, ma come grido».

L’affermazione di Karl Marx, il filosofo tedesco dell’800, che «la religione è il sospiro della creatura oppressa, il cuore di un mondo senza cuore, lo spirito di una situazione non spirituale. É l’oppio dei popoli», appare in netto contrasto con l’idea di Immanuel Kant, il filosofo tedesco vissuto nel XVIII secolo, che la definiva come «la conoscenza di tutti i nostri doveri come comandamenti divini».

Concludiamo con la riflessione dello scrittore italiano contemporaneo Leonardo Sciascia: «Non occorre nemmeno essere certi dell’esistenza di Dio per essere religiosi o credere nell’immortalità dell’anima: basta soltanto essere certi che la nostra esistenza, questo nostro mondo, deve avere un qualche senso, un qualche significato». E ricordando che Kubilai Khan, l’imperatore cinese del XIII secolo fondatore della dinastia mongola, già esortava: «Gli uni venerano Gesù, altri Maometto, altri ancora Buddha. Io, non sapendo quale sia il più grande, li riverisco tutti e a tutti domando di proteggermi».

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