Spiti, la valle dimenticata

Progetti per lo sviluppo dell’area alle pendici
dell’Himalaya, al confine tra Tibet e India

Peace Times 9

Tra i problemi prioritari a cui dare una soluzione, l’accesso all’educazione e la tutela della salute. Il lavoro in Occidente di Geshe Thupten per raccogliere i fondi necessari all’apertura di una scuola e all’acquisto di una jeep per il trasporto dei malati

Sulle pendici meridionali dell’Himalaya, al confine fra Tibet e India, si nasconde una spettacolare regione montuosa: Spiti. E’ una terra pulita e pura, ancora salva dall’inquinamento della moderna civilizzazione e poco frequentata dai turisti a causa delle rigide condizioni climatiche e delle strade impervie che consentono un accesso sicuro solamente per un brevissimo periodo dell’anno.

Nonostante le proibitive condizioni del tempo - freddo intenso e neve abbondante nei mesi invernali, estati secche e brevi - la zona è abitata da una comunità buddista di lingua tibetana: una popolazione delicata e pacifica. Per la sua altitudine, quest’area ha risorse economiche molto limitate e l’occupazione è ristretta all’agricoltura e all’artigianato. La gente di Spiti lavora giorno e notte nei campi, durante il periodo più caldo dell’anno, per produrre orzo e grano. Il raccolto, immagazzinato con grande cura, dovrà sostentare la comunità durante i mesi del lungo e aspro inverno, quando le pesanti nevicate confinano tutti nelle case, che non hanno nessun tipo di riscaldamento. Si vive semplicemente e si lavora duramente per procurarsi cibo, acqua e vestiti. Non ci sono centri di cura nè scuole.

Malgrado queste condizioni difficili, la gente è devota al buddismo e, attraverso la pratica meditativa e le preghiere, ha imparato a vivere una vita felice, una realtà molto lontana dal moderno modo di vivere alle soglie del Terzo Millennio. Spiti vanta tre antichi monasteri buddisti tibetani. Uno di questi è il monastero di Dakar, celebre per aver ospitato un grande monaco chiamato Palden Gyaltsen, il quarantesimo nella linea dei detentori del trono di Lama Tsongkhapa, il più alto raggiungimento accademico e spirituale per i dotti tibetani buddisti della tradizione Gelugpa. Anche il saggio buddista dell’undicesimo secolo Lotsawa Rinchen Sangpo è collegato a questa zona: esiste un tempio chiamato Lotsa Temple che si dice sia stato edificato da lui in persona. La vita di Spiti ruota completamente intorno ai monasteri e al tempio locali.

A causa della mancanza di scuole e ospedali, finora sono stati i monaci a soddisfare - almeno parzialmente - le necessità educative e sanitarie della popolazione. I monaci più esperti sono responsabili non solo della scolarizzazione all’interno dei monasteri ma anche nel villaggio. La maggior parte dei bambini comunque non riesce a ricevere un’educazione vera e propria che in futuro gli permetta di trovare un lavoro in città. I monaci esperti dei sistemi di cura tradizionale sono chiamati a prendersi cura della salute di tutti. Ma quelli che hanno queste conoscenze sono pochi e non sono esonerati dal lavoro dei campi.

Fin’ora, solo venti giovani monaci di Spiti hanno potuto lasciare il monastero di Dakar per andare a studiare nel sud dell’India, nella grande università monastica di Ganden. Tra loro, Geshe Thupten Tenzin che, in anni di studio della filosofia buddista, della logica, della metafisica, dell’etica, della morale e della psicologia, è stato il primo fra loro a ottenere il diploma di Geshe Lharampa. Geshe Thupten ora insegna in Occidente con un grande desiderio: aiutare la gente del suo paese natale a vivere in condizioni migliori. Considerando i bisogni più urgenti della comunità, ha avviato due piccoli progetti: uno per l’educazione, l’altro per la tutela della salute. Innanzitutto, Geshe Thupten vuole realizzare una piccola scuola per trenta bambini all’interno del monastero di Dakar: per adattare un locale allo scopo, comprare materiali didattici e pagare un maestro, occorrono circa 7mila dollari. L’apertura di una piccola clinica presuppone l’impiego di medici e farmaci tradizionali tibetani, ma l’obiettivo è - in futuro - di poter offrire cure più moderne. E c’è da risolvere con urgenza il problema di come trasportare i pazienti anziani più gravi: servono tre giorni di viaggio per arrivare all’ospedale di Dharamsala. Per comprare una jeep e per organizzare la piccola clinica con un medico servono 10mila dollari. Per informazioni rivolgersi a Help in Action, via Marco Polo n. 13, Milano. Le donazioni vanno effettuate sul c/c n. 2877/24, intestato alla Lama Gangchen Kiurok Tsochun alla Banca Popolare di Sondrio - Ag. 13 Milano - Abi 5696 Cab 01612.

Sharon Dawson

pagina precedente                                          pagina successiva