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Accolta
ufficialmente alle Nazioni Unite, il 18 novembre ‘98, |
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Lama Gangchen con Kofi Annan all’inaugurazione dell’elefante nel giardino dell’Onu |
Il 18 novembre 1998 un sogno é diventato realtà: il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ha accolto ufficialmente il dono di un elefante di bronzo a grandezza naturale. Lo scultore bulgaro Mihail ha impiegato circa 20 anni per «riprendere l’immagine e riportarla alla natura». La statua é stata regalata all’Onu dai governi del Kenia, Namibia e Nepal per sensibilizzare il mondo al rispetto della natura. L’elefante sarà l’ultima scultura ad essere installata nel giardino della sede delle Nazioni Unite a New York. Organizzato dal «Cast Sleeping Elefant Trust», con la partecipazione come sponsor della Lama Gangchen World Peace Foundation, l’evento ha richiamato una gran folla. Il segretario generale ha fatto un discorso davvero memorabile: «Gli elefanti evocano tante cose. Un ex governatore della Banca Centrale del Brasile ha paragonato il debito pubblico del suo paese a un elefante che dorme nella cantina della nostra casa: non si sa quando si sveglierà e chiederà noccioline... Sono passati18 anni da quando Mihail Simeonov andò in Kenia, tranquillizzò un elefante selvaggio e prese il suo calco per poi lasciarlo di nuovo libero nella foresta. Da allora la storia di quest'opera é stata costellata da varie controverse e un giorno, accidentalmente, una parte del calco di gesso é andata distrutta. L’ultima difficoltà é stata trovare il modo per portare qui la statua dalla fonderia in Queens. Si é passati dall’ipotesi di una traversata dell’East River in barca a un trasferimento in elicottero. Alla fine si é deciso per il trasporto su un camion che ha percorso la First Avenue. La grandezza di quest'elefante ci rende umili. Ci insegna che ci sono cose più grandi di noi e che la terra non ci appartiene ma é un tesoro che dobbiamo salvaguardare per le generazioni future. Ci insegna che se il villaggio globale deve essere un luogo godibile é necessario che lo proteggiamo e che salviamo tutte le forme di vita che lo rendono prezioso. Facciamo che questo animale, la cui memoria é proverbiale, diventi la nostra memoria istituzionale. Ricordiamoci che quando le prossime generazioni saranno adulte, questo animale sarà ancora qui. Quando nei giorni futuri gli cammineremo accanto, facciamo che le sue cinque tonnellate ci ricordino che siamo sempre in debito con la Madre Terra. Se si sveglia perché abbiamo mancato ai nostri doveri, potrebbe chiederci molto di più che delle semplici noccioline» i.a. |
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