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È passato un anno da quando più di mezzo milioni di indiani di tutte le religioni si strinsero attorno alla bara della piccola suora che consolava «gli ultimi tra gli ultimi». Madre Teresa di Calcutta venne così onorata da quel paese al quale si era offerta totalmente. Un impegno che le era valso, nel 1979, il premio Nobel per la pace e il rispetto di tutto il mondo, cattolico e non. Lama Gangchen incontrandola nel marzo ‘95 a Calcutta le consegnò il premio della pace della LGWPF in omaggio alla sua opera caritatevole. Oggi, a poco più di un anno dalla sua scomparsa (avvenuta il 5 settembre), il suo mito vive nella dedizione delle sue Missionarie della carità, quasi sollevate che il circo mass-mediatico non abbia acceso i riflettori sulla candida tomba scavata dentro la Casa madre, meta del pellegrinaggio di circa 200 persone al giorno. Non hanno fretta per la sua canonizzazione ufficiale: «Ci vuole tempo, ci vogliono anni, ma tanto tutti sanno che lei è già santa», dicono convinte. Designata proprio da Madre Teresa e col suo stesso coraggio, la superiora, suor Nirmala, continua l’opera della fondatrice: 600 case aperte nel mondo, in cui operano oltre 4mila religiosi e 2mila volontari. |
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