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Alla scoperta degli antichi luoghi
che per secoli hanno ospitato |
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Due immagini delle grotte di Ajanta,che nell’antichità hanno ospitato grandi meditatori |
Prima tappa: Bodhgaya, sotto l’albero dell’illuminazione e sotto la torre della Mahabodhi. Poi, tappe agli stupa di Sarnath e di Sachi. Verso le grotte scavate nella roccia di Ajanta, Ellora, Khaneri Gopa Il principe Siddharta Gautama, lasciato il palazzo dei suoi avi per cercare una soluzione alla sofferenza umana, per 5 anni visse meditando nella foresta e invano cercò nella macerazione del fisico la risposta sperata. Raggiunto il limite, decise di rompere il digiuno e, cercato un luogo piacevole e tranquillo, sedette sotto un enorme albero e si immerse nella meditazione per tutta la notte. E proprio lì, a Bodhgaya, nello Stato del Bihar, al Nord dell'India, ai piedi di quel bellissimo albero dalle foglie a forma di cuore - che i botanici occidentali hanno battezzato Ficus Religiosa e i buddisti Albero della Bodhi - Siddharta divenne il Buddha, il Risvegliato, Colui che aveva compreso la «Via di Mezzo», che conduce all’Illuminazione. Oggi Bodhgaya è uno dei luoghi sacri più importanti dell’India e l’albero di Buddha, o forse un suo discendente, é ancora lì ed é oggetto di grande venerazione. Si deve all’imperatore buddhista Ashoka (II secolo A.C.) la grande fioritura del buddismo e della sua arte in India, poi completamente soffocato dalle invasioni musulmane del XII secolo. Nell’editto che fece scolpire sulle colonne sacre di tutta l'India, Ashoka sosteneva: «Non si dovrebbe onorare solo la propria religione e condannare la religione degli altri. Comportandosi altrimenti, si scava la tomba alla propria religione e si danneggiano le altre...». A Bodhgaya Ashoka fece circondare l'albero della Bodhi da una bellissima balaustra di pietra scolpita, oggi in parte esposta al museo locale e sostituita da una copia. Il sito di Bodhgaya é dominato dalla torre del tempio della Mahabodhi alta 50 metri, anch'essa risalente ad Ashoka e già descritta dal pellegrino cinese Hiuen Tsang nel VII° secolo. Sarnath, oggi nello stato del Bihar, si trova a pochi chilometri da Benares. Ai tempi del Buddha (VI sec. A.C.) il Parco dei Cervi ospitava molti yogi ed eremiti. Qui un giorno arrivò il Buddha e qui, ritrovando i cinque compagni della sua prima fase ascetica, decise di offrire i suoi primi insegnamenti, le Quattro Nobili Verità. Proprio nel punto in cui il Buddha «girò la ruota degli insegnamenti», sorge uno stupa anch’esso risalente ai tempi dell’imperatore Ashoka. Sarnath, dove il Buddha aveva tra l'altro costruito il suo primo monastero, fu abbandonata dopo le distruzioni musulmane del 13° secolo. Il sito oggi visitabile- insieme al ricchissimo Museo - fu riscoperto dagli archeologi inglesi solo nel 1836.All'interno del Museo c'é il capitello della colonna di Ashoka, alta più di 20 m. e sormontata da 4 leoni, che é oggi simbolo della Nazione Indiana, ed é un esempio di quella straordinaria arte greco-buddista che raggiunse India e Pakistan attraverso le invasioni di Alessandro il Macedone. Da Bhopal, capitale del Madhya Pradesh, attraverso la bellissima campagna indiana si arriva a Sanchi, villaggio che custodisce le più importanti testimonianze dell’arte buddista indiana. Il grande e famoso stupa, costruito anch’esso da Ashoka, é un gigante di circa 35 metri di diametro e 16 di altezza, con 4 porte monumentali in pietra, magnificamente scolpite, i cui pannelli mostrano la vita del Buddha ed alcune delle sue vite precedenti. Poco lontano, il sito é occupato da altri stupa più piccoli ma altrettanto belli. E poi c’é l’India dei meditatori, i santi buddisti, che si ritirarono nelle grotte per seguire le orme del Maestro. I siti di Ajanta, Ellora e Khaneri Gopa da soli meritano un viaggio. Testimoni di un millennio di spiritualità e di un’arte senza paragoni, sono raggiungibili dalla città di Aurangabad e da Bombay (Madhya Pradesh). Il monastero rupestre di Ajanta é composto da 30 grotte incredibilmente scavate e scolpite nella pietra vulcanica tra il II sec. A.C. e il V sec. D.C. Come gli altri siti buddhisti, Ajanta fu abbandonata con le invasioni musulmane. Pian piano le grotte divennero riparo solo per cobra e pantere. Finché per caso, nel 1819, dei soldati inglesi scoprirono l’ingresso di una di queste sale sotterranee. Le meravigliose pitture murali, miracolosamente rimaste quasi intatte grazie ai lunghi secoli di chiusura delle caverne, soffrono oggi a causa degli agenti atmosferici, ma sono una testimonianza unica della splendida arte pittorica dell’India buddista antica. Più colossali, più ricche e quasi barocche rispetto alle eleganti grotte di Ajanta, sono le 34 di Ellora. Si aprono alla base di una scarpata rocciosa, su un arco di circa 2 chilometri, e ospitarono nel tempo meditatori non solo buddisti ma anche induisti e jainisti. Scavate tra la fine del VI sec. la metà dell’VIII sec. D.C., sono piene all’interno di bellissime statue e stupa. La grotta N.16 é una visione stupefacente: nella roccia é stata scavata una sala lunga circa 100 m. e larga 40: e al centro un enorme blocco in pietra alto 33 m. riproduce esattamente la forma del Kailash, la montagna del Tibet sacra ai buddisti e agli induisti. Meno note ma dense di un'atmosfera speciale, come se ancora gli antichi yogi fossero presenti, sono le grotte di Khaneri Gopa, 45 km. da Bombay. Situate nel centro di una bellissima riserva naturale, furono scavate nella «Montagna nera»tra il 1° e il 10° secolo. Nelle 109 grotte é evidente l'unione delle tre tradizione buddiste - Hinayana, Mahayana e Vajrayana - nell'India antica, che tutte tre erano qui praticate. Ci sono templi, grande sale per le assemblee, cucine e celle per i monaci, con bellissime statue e stupa scolpiti nella roccia, e persino una cella - osservatorio astronomico sulla sommità della collina. Enrica Mazzi
Informazioni utili al viaggio
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