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Le tradizioni culinarie nelle varie culture religiose arrivano in soccorso della dietetica |
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Forse, per i più, è solo una nuova moda. Ma, con la giusta motivazione, può trasformarsi in un complemento della vita spirituale. Sta di fatto che l’ultima frontiera in campo dietetico è rappresentata dal «ritorno» alle antiche prescrizioni religiose in tema gastronomico. Tutte le tradizioni spirituali, infatti, hanno individuato ed elencato gli alimenti permessi ai loro praticanti, in quanto utili all’evoluzione interiore, e persino i modi di prepararli e cucinarli. I ricettari più trendy di fine Millennio rappresentano, in essenza, il viaggio dei loro autori nella «mistica del cibo», alla scoperta di quella saggezza che regola, fin dalla notte dei tempi, il rapporto dell’uomo con gli alimenti, anche attraverso un’appropriata gestualità. Nelle campagne europee, il capofamiglia, prima di tagliare il pane e dividerlo, segna con il coltello una croce sulla pagnotta. E in India, il rito d’ingresso al mondo della cultura e della spiritualità si compie in modo sorprendentemente analogo: il padre guida il dito del bambino nel tracciare la sillaba sacra Om sulla ciotola colma di riso crudo. Per gli Induisti, il cibo va mangiato con le mani: il contatto dev’essere diretto, senza mediazione. Krishna, com’è scritto nel famoso poema epico Mahabharata, è ghiotto di kheer, un budino a base di riso preparato dai bramini (la casta sacerdotale) seguendo precise regole e offerto nei templi alle divinità e, dopo, anche ai fedeli. Nei templi dedicati a Ganesh, il dio con il corpo di bambino e la testa d’elefante, trionfa il cocco. Che cela un significato simbolico: il dio ne frantuma il guscio con la sua forte testa d’animale, ottenendo il superamento delle difficoltà per il devoto. Come l’induista, anche la cucina Zen è vegetariana. A seconda dei paesi e delle scuole, è consentito l’uso di latticini e uova. Il cuoco zen si concentra sui gesti: tagliare la verdura o preparare il tipico riso bianco al vapore equivale a meditare sui doni della natura per integrarsi con essa raggiungendo il «risveglio». L’altruismo che deve guidare la preparazione delle pietanze prevede l’offerta agli ospiti di cibo da portare anche a casa propria... Il Corano pone l’assoluto divieto di consumare carne di maiale. Gli animali permessi devono essere macellati seguendo precise disposizioni: devono essere sgozzati e totalmente dissanguati; sono proibiti quelli morti per soffocamento, uccisi a bastonate o per caduta. Il mese di digiuno e preghiera del Ramadan prescrive l’assunzione di cibi e bevande solo dopo il tramonto. Questi pasti sono particolarmente sontuosi, ricchi e nutrienti, per rifocillare il devoto nel corpo e nello spirito. Il dattero, frutto sacro al Profeta, insieme a un bicchiere d’acqua, conclude il digiuno rituale dei musulmani. Ma li accompagna anche durante il pellegrinaggio alla Mecca. San Benedetto, fondatore del famoso ordine monastico cattolico, nella sua Regola, impartisce precise istruzioni ai frati sul comportamento in cucina e a tavola, e si sofferma sull’aspetto mistico del pane, simbolo eucaristico particolarmente enfatizzatonei riti della Chiesa ortodossa. Il termine ebraico kasher, coiè idoneo, identifica gli alimenti permessi dalla Torah: gli animali devono essere solo ruminanti dal piede forcuto; non si possono mai mescolare la carne e i derivati del latte né durante lo stesso pasto, né in pasti ravvicinati. Durante la cena di Pasqua, ogni cibo, ogni gesto, ogni boccone seguono un rituale immutabile da millenni. Da non perdere la festa del Purim, che ricorda la salvezza dai Persiani: è proibito restare lucidi, tutti bevono vino, finalmente kasher... |
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