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Un
nuovo monastero, una scuola e una clinica: così il villaggio è tornato
a vivere |
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Il monastero di Gangchen Una veduta del villaggio
L'ingresso
al
gompa principale,
Un particolare
della statua di Un particolare del gompa principale Lavoro alle case per i monaci L’ingresso al cortile del monastero
Un artigiano
prepara gli |
di
Sharon Dawson «Il
viaggio su strada da Kathmandu a Lhasa deve essere considerato
un’avventura, non un semplice giro turistico in autobus». L’avviso
letto sul depliant dell’agenzia turistica di Kathmandu torna in mente
spesso durante i tre giorni di autobus affrontati dal nostro piccolo
gruppo, lo scorso giugno, per raggiungere, partendo dalla Valle di
Kathmandu, il Tibet, il Tetto del Mondo. Il
viaggio su strada attraverso uno dei territori più alti del mondo e
senza dubbio una delle regioni montane più spettacolari e stupefacenti,
sebbene molto scomodo e impegnativo fisicamente e psicologicamente,
dovrebbe essere fatto, primo o poi, almeno una volta, da tutti quelli
che amano il Tibet, la sua gente e la sua cultura millenaria. Mentre
l’autobus combatteva per salire lungo i tornanti dei passi di montagna
su una strada che a tratti letteralmente scompariva sotto il fango e le
pietre distaccatesi dalla montagna, trasformandosi in un pantano
virtualmente impossibile da oltrepassare, abbiamo potuto vedere con i
nostri occhi le disperate condizioni di vita della gente che vive nelle
aree più remote e povere del Tibet. Immersi
in un paesaggio cui le montagne innevate regalano una bellezza che
toglie il respiro, vedendo le tende di fortuna dei nomadi e le casupole
fatte di fango e legno o incontrando un pastore tutto solo in
un’intera valle, alla guida di uno sparuto gregge di capre e di
pecore, tutti ci siamo chiesti come si possa sopravvivere in quelle
condizioni. Qui,
a oltre 5200 metri di altitudine, con temperature raggelanti (anche in
giugno, che non è certo il mese più freddo dell’anno), la gente
prova soprattutto a vivere di agricoltura. Nonostante tutto, - il clima,
l’altitudine e il tipo di terreno arido e roccioso - sia contro di
loro, giovani e vecchi lavorano l’uno vicino all’altro per cercare
di sopravvivere coltivando piccoli appezzamenti di terra. Ma il lavoro
nei campi è possibile solo per pochi mesi all’anno: durante il
glaciale inverno la gente non può che stare il più possibile riparata. In
queste regioni remote, è normale che un’intera famiglia conviva in
un’unica stanza o tenda. Sono molte le famiglie che non posseggono una
stufa e nemmeno hanno coperte per proteggersi dal freddo. Le
persone qui sopravvivono senza negozi, senza scuole, senza ospedali,
senza riscaldamento, senza elettricità, senza acqua, senza servizi
igienici. Talvolta incapaci di produrre abbastanza cibo per sfamarsi. Alcune
famiglie sperimentano situazioni così disperate da decidere di mandare
il più grande dei propri bambini a lavorare lontano dal villaggio, a
spaccarsi le ossa nella costruzione di nuove strade e di nuovi villaggi. Quando
il nostro autobus si è fermato in un posto che sembrava assolutamente
disabitato, all’improvviso dal nulla è apparso un gruppo di bambini:
ciascuno con un minuscolo cucchiaio legato al collo con un cordino, e
una borsa di stoffa sulla schiena, stanno cercando di trovare qualunque
cosa possa avere un valore da portare a casa alla famiglia. Da
Shigatse, la seconda città del Tibet, ci vogliono 40 minuti in jeep per
percorrere i 20 chilometri che separano dal villaggio di Gangchen.
Lasciandoci alle spalle le strade brulicanti della città, i ristoranti,
gli alberghi e i tetti d’oro del monastero di Tashi Lhumpo, siamo
tornati ad essere circondati dalla desolazione e dalla povertà che
avevamo incontrato nella prima parte del viaggio, subito dopo la
frontiera. Finché
abbiamo cominciato a intravedere il monastero di Gangchen dalla strada
principale. Proseguendo e avvicinandoci ad esso sia rimasti colpiti
dalla grandezza della costruzione realizzata in legno, pietra e cemento
e completamente ultimata. Arrivandogli ancora più vicino, abbiamo
potuto notare le decorazioni multi-colori, le tende bianche e blu appese
alle porte in legno scolpito e alle cornici delle finestre e sul tetto i
pinnacoli color oro e le bandiere di preghiera che sventolando
diffondono il potere dei mantra in tutte le direzioni. Nelle
immediate vicinanze del monastero continua a fervere il lavoro: tra
canti e risate, più di 90 persone sono ancora impiegate per costruire
le strutture resistenziali dei monaci, che ora vivono in condizioni di
inaudito squallore; mentre l’acqua necessaria a impastare il cemento
viene portata fin qui con un camion dentro a otri di stoffa. Di sicuro,
ancora per qualche tempo lo spiazzo davanti al monastero continuerà ad
assomigliare a un cantiere.
A
40 minuti di jeep da Shigatse
Dai
gradini centrali che salgono al monastero abbiamo ammirato i dipinti che
decorano i muri dell’ingresso alla sala principale: i monaci-artisti
del monastero di Tashi Lhumpo vi hanno magistralmente riprodotto
immagini tradizionali, incluse quelle dei Re delle Quattro Direzioni e
della Ruota della Vita. L’appena
ultimata sala di preghiera, una vera festa di colori fonte di grande
suggestioni per i sensi, ora è completamente adornata con dipinti e
statue delle principali divinità tantriche, dei grandi maestri del
lignaggio e di importanti figure storiche buddiste. I muri e le colonne
sono ricoperte di broccati e di thangke (dipinti sacri su stoffa). La
sala è pronta a ricevere i monaci per le sessioni di preghiere:
addirittura sono già stati sistemati tavolini tradizionali di legno
scolpito e tappeti di lana tessuti a mano oltre che il trono del lama
preziosamente intagliato nel legno. Alla
sinistra dell’altare principale, c’è una piccola stanza di
preghiera dedicata alle divinità protettrici, che accoglie tra le altre
una bellissima statua di Panden Lhamo, la divinità femminile che è
considerata la protettrice speciale di Gangchen. Al
primo piano, si sta finendo di arredare la segreteria e alcune stanze da
letto: tutto sarà in ordine prima dell’arrivo in estate di Lama
Gangchen. Dal
tetto del monastero abbiamo potuto scattare fotografie dei lavori nel
loro complesso. Parallelamente alle due ali del monastero, procedendo
dal retro verso la parte anteriore, si incontrano due linee di cinque
casette in via di costruzione: in accordo con la tradizione tibetana,
alcune colonne e qualche cornice di finestra in legno sono già state
posizionate. I primi quattro edifici sono costituiti da due parti,
ciascuna delle quali è divisa a sua volta in quattro stanze: ogni parte
ospiterà due monaci che avranno così a disposizione una cucina, una
stanza di studio e una camera da letto ciascuno. Il
quinto edificio di un lato sarà utilizzato come economato e quello
dell’altro lato come cucina comune da utilizzare per la preparazione
di cerimonie speciali. Guardando
il monastero, orizzontalmente da dove le due linee delle cinque casette
finisce, sono state gettate le fondamenta per un altro edificio: avrà
18 stanze suddivise in due ali con al centro il portone d’ingresso
all’area del monastero. Dal
tetto abbiamo potuto notare come le nuove costruzioni creino un quadrato
tutt’attorno al monastero, una sorta di cortile. I monaci sperano che
questo spazio possa essere abbastanza grande per ospitare i residenti
del villaggio che in gran numero hanno chiesto a Lama Gangchen di
impartire insegnamenti durante la sua prossima visita. E’
anche speranza di chi vive a Gangchen che l’anno prossimo possa essere
concesso al monastero dalle autorità governative il permesso di
ospitare un numero maggiore di monaci (oggi sono appena diciannove).
Con
il nuovo monastero la comunità ha ritrovato
Conclusa
la visita al monastero ci siamo recati al vicino dispensario medico. In
quest’area priva di qualunque tipo di strutture di base per la cura
della salute, la recente costruzione della clinica sta riscotendo un
successo enorme. Essendo l’unico centro di assistenza medica è
utilizzata sia dagli abitanti di Gangchen che da quelli dei villaggi
limitrofi. I dottori tibetani che vi lavorano prestano servizio anche a
domicilio per quei malati impossibilitati a raggiungere la clinica. Tre
persone, tra cui uno dei monaci di Gangchen, sono attualmente a Shigatse
per seguire un corso di formazione di pronto soccorso organizzato dalla
Croce Rossa Internazionale. Accompagnati
dai monaci di Gangchen, abbiamo anche visitato il luogo dove verrà
costruita una casa per i ritiri spirituali. Il luogo è già stato
recintato con un muro e all’interno sono stati piantati gli alberi
donati dal governo locale. Si
può dire che l’area di Gangchen è letteralmente rinata in questi
ultimi 18 mesi: ora è piena di vita, fervono mille attività e il buon
umore generale è palpabile. La
sua «rivitalizzazione» è certamente collegata ai nuovi investimenti e
ai nuovi aiuti, ma è anche da attribuire a qualcosa di più basilare.
La ricostruzione del monastero sta ridando alla comunità qualcosa di
cui per anni ha sofferto profondamente la mancanza: il proprio cuore.
Perché proprio come il corpo umano non può vivere senza un cuore che
batte con regolarità, la comunità tibetana non può vivere senza
stringersi attorno alla struttura del monastero: il monastero garantisce
a tutti aiuto, consigli, assistenza, i principi base dell’educazione;
è il punto fondamentale di riferimento sociale e spirituale. |
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