Acqua, dove ti nascondi?

Sotto esame tre sorgenti per dare un acquedotto a Gangchen

Peace Times 16

Il trasporto dell’acqua a Gangchen con camioncini e secchi

Il fiume di Serung

Il «Progetto Villaggio di Gangchen» considera la fornitura di acqua al monastero, al villaggio e all’area circostante come priorità assoluta per l’anno 2000. E così, durante il nostro viaggio in Tibet, non abbiamo mai perso di vista l’obiettivo di trovare la sorgente più giusta per portare acqua in quella zona arida del Paese delle Nevi Eterne.

Durante il secondo giorno di soggiorno in Tibet abbiamo compiuto sopralluoghi alle tre sorgenti d’acqua più vicine a Gangchen. Dapprima, abbiamo viaggiato verso ovest, vedendo lentamente scomparire il villaggio dietro una spettacolare catena di montagne, fino ad approdare a Ten, a dieci chilometri di distanza. Da lì abbiamo seguito a piedi il letto di un piccolo fiume che ha origine da due diverse sorgenti. Dagli abitanti della zona abbiamo appreso che una delle due sorgenti è spesso gelata d’inverno e secca d’estate. E abbiamo constatato che canalizzare l’acqua dell’altra sorgente, sebbene ci sia stato assicurato che offre acqua tutto l’anno, comporterebbe l’immenso onere di costruire un acquedotto lungo 10 chilometri attraverso il terreno duro e roccioso delle alte montagne che separano il villaggio di Ten da quello di Gangchen.

Seconda tappa del nostro viaggio alla ricerca dell’acqua è stata Senrung, a est di Gangchen: il piccolo fiume locale, così come quello di Ten, trae origine da due diverse sorgenti. Nonostante le condizioni climatiche miti del mese di giugno, una delle sorgenti ci è apparsa quasi completamente secca e non abbiamo potuto fare a meno di notare che l'altra è dislocata in un punto del territorio più basso rispetto a Gangchen: quindi, per trasportare l’acqua da lì, si renderebbe assolutamente indispensabile una pompa e si dovrebbe trovare una soluzione alla mancanza di un generatore di energia.

La terza sorgente di acqua è situata a Bangkor, che dista appena 2500 metri da Gangchen. Secondo un recente studio governativo, tra le tre sorgenti della zona è questa quella più facilmente utilizzabile. Tenendo conto del numero di persone che vivono nel monastero e nel villaggio di Gangchen, il governo locale s’è detto disponibile a sostenere l’idea di realizzare un acquedotto che parta da Bangkor e approdi sulla collina alle spalle del monastero di Gangchen e ha suggerito l’istallazione di due serbatoi d’acqua: uno sulla collina, esattamente alle spalle del monastero, l’altra a ridosso del villaggio; i due serbatoi dovrebbero poi essere collegati a 7 condutture con rubinetti, 4 nel monastero e 3 nel villaggio. Il governo locale ha già anche donato al monastero 2500 metri di tubature di metallo, ma ha dichiarato di non essere in grado di finanziarne l’istallazione né l’acquisto dei serbatoi, delle condutture dotate di rubinetti.

Nel «Progetto Villaggio di Gangchen» si sottolinea anche la necessità di creare una riserva d’acqua per l’irrigazione dei campi e l’abbeveramento degli animali: solo rendendo fertile la zona si può infatti pensare di migliorare davvero la qualità della vita della gente. Fino a che non sarà compiuta una perizia topografica professionale con accertamenti dettagliati sul luogo (che dovrebbe avvenire quest’estate ad opera della Jack Stern y Cia. Ltda, compagnia specializzata nella progettazione e costruzione di sistemi per il trasporto dell’acqua e per l’irrigazione) è difficile stabilire quali delle tre fonti d’acqua abbia veramente la potenzialità di soddisfare il fabbisogno del Villaggio di Gangchen e dell’area circostante.

Abituati fin dalla nascita alla comodità di utilizzare l’acqua senza alcuna limitazione, per noi è stata un’esperienza incredibile andare alla ricerca dell’acqua. La percezione reale di quante persone sono costrette a vivere senza mai poter aver accesso all’acqua potabile ci ha portato una nuova e maggiore comprensione del valore dell’elemento acqua, così chiaro e limpido nella sua forma originaria, un prezioso ed eccezionale regalo della natura.

Sharon Dawson

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